Formazione in Iliad, L'Arte di Crescere e gli eventi di giugno

NELLA NEWSLETTER DI GIUGNO

  • Quattro chiacchiere con Matteo Sola
  • Speciale: la recensione de L'Arte di Crescere di Paolo Gallo
  • Novità ed eventi di questo mese
  • Articoli e notizie dal mondo della formazione


Quattro chiacchiere con Matteo Sola

Ciao Matteo grazie di questa chiacchierata! Parto da una domanda su Iliad College - la vostra iniziativa di formazione gratuita per gli interessati al mondo Iliad / retail - perché la scelta di un progetto di questo tipo?

Iliad College è un progetto frutto della combinazione di più strategie. La prima era quella di costruire un’esperienza formativa rivolta al mondo sales che accompagnasse la crescita delle competenze della popolazione dei nostri store, in grande aumento da un punto di vista numerico, ma anche in evoluzione a livello di ruoli, strutture e capillarità sul territorio italiano.

La seconda era quella di voler fare qualcosa di diverso: un progetto figlio della cultura iliad, tra le altre cose votata alla trasparenza e all’inclusione. Per questo la nostra sales academy è aperta all’esterno e gratuita. Non volevamo solo ingaggiare e connettere i nostri collaboratori interni ad iliad ma anche costruire un ponte tra noi e il mercato del lavoro, avvicinando ancora di più i nostri partner e i tanti appassionati al brand e alle tematiche trattate, dalle tecniche commerciali all’evoluzione di tecnologia e prodotti del mondo TLC, fino alle soft skills.

Gli studenti "esterni" che hanno partecipato in questi anni (siamo ormai alla quinta edizione e al terzo anno, abbiamo formato più di 200 persone complessivamente ogni anno) possono essere parte delle agenzie che sul territorio lavorano già per il nostro brand, ad esempio, ma anche essere comuni neodiplomati senza esperienza pregressa ed in cerca di orientamento professionale e nuove competenze spendibili sul mercato del lavoro.

Sicuramente c’è un valore, quindi, di employer branding e attraction di nuovi talenti (diversi di loro, in seguito, sono effettivamente stati notati ed assunti), ma questa non è mai stata la prima finalità: la più importante era e rimane portare a tutti il nostro approccio votato alla centralità dell’utente (non a caso non amiamo chiamarlo "cliente"), contribuendo al cambiamento di tutto il settore telco, alla crescita dei giovani e del mondo retail in generale

Guardando invece all’interno, da quanto ho capito la formazione è un tassello importante per la vostra cultura organizzativa, in base a cosa lo è diventata?

Lo è sempre stata. La formazione è alla base del mandato che ho avuto io fin dal mio ingresso in azienda, ormai circa tre anni e mezzo fa. All’epoca avevamo molto da sperimentare costruire, in una realtà giovane, in grande crescita ed ambiziosa e volevamo farlo in modo sostenibile e al contempo innovativo. Oggi è ancora così, anzi le sfide sono sempre nuove e ancora più complesse: richiedono continuamente nuovi stimoli, conoscenze e competenze, ma anche occasioni di connessione e knowledge sharing tra ruoli, team e dipartimenti sempre più numerosi ed interconnessi.

La formazione può in tal senso essere un forte collante e persino una leva identitaria, in particolare quando diventa uno strumento utile a co-disegnare e co-costruire pezzi della cultura stessa.

Un esempio concreto è stata la costruzione del nostro modello di leadership, frutto di un lungo lavoro che ha coinvolto l’intera popolazione dei people manager e non solo.

Un altro esempio sono le community interne. Ne abbiamo ormai tante perché ci crediamo molto: sono di norma basate sull’appartenenza ad un ruolo o ad un dipartimento, ma sempre concepite come un contesto aperto e connesso ad altre aree dell’azienda. I programmi, dagli argomenti alle testimonianze, fino alle docenze, vengono progettati e in parte erogati dalle stesse persone che partecipano alla community e fruiscono di quell’esperienza.

Sulla base della tua esperienza quali sono le competenze più richieste dalle persone, e coincidono anche con quelle più necessarie per l’organizzazione?

Questa è una domanda difficile perché le persone, specie in un’organizzazione così complessa e diversificata come la nostra, hanno bisogno di tante cose diverse. Per questo la maggior parte delle cose che facciamo tendono ad essere molto verticali e customizzate sulle specifiche esigenze di ruolo o di team e frutto di profonde analisi iniziali.

Per provare a dare una risposta, sottolineerei che nonostante le esigenze tecniche siano sempre presenti in un’azienda tecnologica ed innovativa come iliad, ovviamente, tra gli argomenti più richiesti abbiamo una vasta gamma di soft skills e competenze manageriali. Perché alla fine sono sempre queste che, risolte le esigenze di base per fare il proprio lavoro (spesso sviluppabili sul campo) fanno la differenza e portano il maggior valore aggiunto: saper collaborare, comunicare, negoziare, coordinarsi ecc. Al di là degli schemi di ruolo e delle specializzazioni, serve la capacità di capirsi a vicenda, superare le barriere e volgere lo sguardo in modo efficace verso gli obiettivi comuni.

Mi aggancio a questo ultimo punto per dire che personalmente credo che le capacità più connesse con la co-costruzione dei processi e delle pratiche di lavoro siano tra le più importanti e utili ad ogni organizzazione oggi, per quanto a volte siano ancora sottovalutate: saper progettare e condurre un meeting, saper scegliere tra gli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione, saper ripensare un ruolo o condurre un rituale di team in ottica Agile come una retrospettiva per evolvere continuamente le nostre abitudini e strategie come gruppo di lavoro ecc.

Per fare una battuta, pensare e dare forma al nostro lavoro è un lavoro a sua volta: è una competenza evoluta, in tal senso abilitante di tutto il resto e abbiamo bisogno di generare molta più autonomia interna alle azienda su questo fronte perché parliamo di cose che di norma non vengono insegnate né a scuola né all’università.

Sulla carta sappiamo tutti che la formazione è importante, ma sono pochi a investirci davvero, come si convince un’organizzazione ancora restia a fare il primo passo?

Beh ormai direi che si convince dicendo "svegliati e guarda fuori dalla finestra". Il mondo ormai è pieno di aziende che investono sempre di più sulla formazione e su tutto il mondo più esteso del People Development, per me molto connesso all’engagement, ma anche alla "DEI" e alle strategie di "wellbeing".

Abbiamo bisogno di sostenere la nostra cultura, far sentire incluse le persone, favorirne il benessere e la crescita continua perché solo persone che si sentono così e hanno questi strumenti possono pensare di rimanere sul lungo periodo, dare il meglio di loro stesse, sia per la loro soddisfazione che per il business e in questo modo far scomparire la separazione tra interesse individuale e interesse dell’azienda.

Se pensiamo che il lavoro sia ancora una mera transazione di tipo economico e lo gestiamo di conseguenza la competizione là fuori sarà ardua e probabilmente avremo perso in partenza. Le persone ormai cercano altro e non solo le nuove generazioni: siamo nell’epoca del "risveglio delle coscienze" a lavoro, in cui i presupposti stessi del lavorare vengono costantemente messi in discussione e ridefiniti, a partire dal suo purpose.

Credo che senza un approccio evoluto all’HR su questi temi non vi possa essere successo di business, perlomeno di lungo periodo, ma ci sono ormai anni e montagne di ricerche e letteratura a dircelo se non ci voltiamo dall’altra parte.

Come ti aspetti cambierà la formazione nei prossimi 2-3 anni?
 
Credo che cambierà tanto, prima di tutto. Avrà sempre bisogno di nuovi contenuti e diversi approcci formativi e ad un ritmo sempre più alto. Non possiamo più accontentarci dei vecchi formati frontali e nozionistici.

Abbiamo bisogno di interazione, design partecipato, esperienze immersive e coinvolgenti su base quotidiana. Il continuous learning in azienda così come in società non è più un sogno, è una necessità per rimanere al passo dell’evoluzione del mercato e del business.

La nuova sfida forse sarà connessa agli impatti dell’intelligenza artificiale, si dice oggi. Vero o meno che sia, non sarà né la prima né l’ultima rivoluzione tecnologica o professionale che le nostre persone affronteranno nell’arco di carriere che si dipanano su cinquanta, probabilmente sessant’anni di vita (motivo per cui dovremo anche iniziare a pensare più seriamente all’apprendimento in età avanzata, giusto per dirne un’altra).

In questa evoluzione, formatori ed HR in generale dovranno a loro volta cambiare tanto: essere sempre più flessibili, creativi e capaci di sfruttare le nuove tecnologie fisiche, digitali o ibride a seconda dei casi.

Il formatore del futuro lo vedo come un ibrido a sua volta, un mix di competenze che vanno da quelle del ricercatore sociale a quelle del designer di esperienze, fino a quelle del performer ed intrattenitore.

Un giorno siamo antropologi o sociologi pronti ad immergerci nelle profondità dell’organizzazione per capirla, un giorno ingegneri di spazi abilitanti sia fisici che digitali, un giorno intervistatori e conduttori di grandi eventi in cui far vivere forti emozioni.

Siamo già per certi versi e dovremo essere sempre di più tutto questo, ma soprattutto sperimentatori instancabili, perché solo dalla scoperta continua possiamo individuare il filo conduttore delle future evoluzioni delle nostre aziende e delle nostre persone.


 


Speciale: la recensione de L'Arte di Crescere di Paolo Gallo


È difficile essere pronti a un libro come l’Arte di Crescere di Paolo Gallo. È difficile, per me, perchè avendo letto una quantità indicibile di libri di crescita personale (categorizzazione non precisissima ma necessaria per chiarezza, non me ne voglia l’autore) parto prevenuto.

In sostanza, il mio atteggiamento di partenza è che leggerò cose già lette, viste e riviste, reimpaginate e scritte bene, ma nulla di nuovo.

Ecco, affrontare l’Arte di Crescere con questa impostazione è un bell’esercizio, perché è un libro che effettivamente sfida il tuo scetticismo con i fatti, e lo sfida apertamente.

Lo sfida facendoti riconoscere da una parte che è scritto bene, scorrevole e comprensibile - ma al contempo obbligandoti a concedere che nonostante lo stile leggero non è un libro superficiale, ma è un libro che merita il rispetto che esige.

Personalmente non sono amico di modelli o categorizzazioni. Non sono amico per esempio degli "stili di leadership", per dirne una. Li trovo artificiosi. Se questo è vero, non avrei dovuto nemmeno essere amico dei 7 giochi che Paolo propone in questo libro - eppure non riesco a non esserlo e a non volerne rileggere passaggi, o a soffermarmi a ragionare su qualche paragrafo un po’ di più.

Quali siano questi 7 giochi lascio che sia Paolo a descriverlo. Quello che mi interessa condividere è perché l’Arte di Crescere abbia "fatto breccia" nel mio scetticismo, e il motivo è tanto semplice quanto sincero: perché Paolo sa quello che scrive.

Mi spiego: tutti siamo capaci di mettere insieme un modello di leadership e scriverci un libro. Pochi sono capaci di farlo con cognizione di causa. Ancora meno sono capaci di sviluppare un modello basato sullo studio - accurato, schietto e onesto - della propria crescita professionale e personale, errori inclusi.

Paolo rientra in quest’ultima esigua categoria di persone, ed è per questo che leggere questo libro è sfidante: perché ti pone nella posizione privilegiata di ascoltare qualcuno che condivide decenni di studio, esperienza e "lessons learnt" con te, e di avere l’opportunità di fare tue queste lezioni e usarle per la tua crescita personale.

Se vogliamo, il "problema" è che è un libro che non fa sconti. Non fa segreto che per crescere, effettivamente, bisogna lavorare - e ciascuno dei 7 giochi che ti guida accuratamente in questo percorso richiede anche un impegno effettivo. E anche questo, se vogliamo, è un altro fattore che gioca a favore dell’Arte di Crescere: la sua onestà.

L'Arte di crescere è disponibile su Amazon

 

Gli eventi e le novità di questo mese

RISORSE UMANE E NON UMANE
Torino 11 giugno - Iscriviti qui
Evento HR organizzato da ESTE che ha come tema il futuro del lavoro, con focus sull’evoluzione del lavoro e sul ruolo dell’ufficio HR.
 
WELLBEING + AI: WHAT'S NEXT FOR HR
Milano 19 giugno - Iscriviti qui
Trainect presenta in anteprima Wellbeing Hub powered by AI, il primo spazio digitale che mette HR finalmente al centro e permette di costruire, coordinare e monitorare le iniziative di wellbeing, con il supporto dell’intelligenza artificiale.
 
APERITECH EDTECH
Milano 19 giugno - Iscriviti qui
Presentazione del Rapporto EdTech 2024 dell’Osservatorio di Enzima12 con una lineup di speaker d'eccezione: Alessia Cappello, ⁠Davide Conforti, ⁠Alessandro Rimassa, ⁠Sara De Benedetti, Marco Mazzini, Fabrizio Gallante e Federica Pasini.
 
PRESENTAZIONE LIBRO CREATIVE LEADERSHIP
Firenze 20 giugno - Iscriviti qui
Presentazione del mio libro al Murate Idea Park di Firenze, con moderazione di Flavia Marzano
 
I LIMITI DELL'AI PER LA FORMAZIONE - PERCHÉ CONOSCERLI E COME IDENTIFICARLI
Livestream 28 giugno - Iscriviti qui
Dritto al punto: a cosa può servire l'AI nella formazione (oltre all'ovvio) e quali sono i suoi limiti,. Di questi, quali sono evidenti e quali no - e a cosa andiamo incontro se non li conosciamo?

 

Gli articoli più interessanti dal mondo della formazione


FACCIO FORMAZIONE SU TEMI DI COMUNICAZIONE, MANAGEMENT E LEADERSHIP

Vuoi lavorare con me e portare alla tua organizzazione il valore di cui ha bisogno, oppure hai del feedback su questa newsletter?


Contattami!

Edoardo
LinkedIn LinkedIn
Copyright © 2024 EBZ Coaching, All rights reserved.


Want to change how you receive these emails?
You can update your preferences or unsubscribe from this list.

Email Marketing Powered by Mailchimp